ULTIME GRIDA

SOLIDARIETÀ E LUNGA VITA

Ogni luogo strappato alle macerie di abbandono e incuria, ogni spazio recuperato ad esperienze intese a rompere solitudine, indifferenza e paure ci scalda il cuore e ci riempie della gioia di voler sperimentare sempre più intrecci di relazioni e pratiche basate su rapporti di solidarietà e autogestione.

Giovedì 7 febbraio 2019, invece, la zona intorno all’Asilo occupato è stata militarizzata e aggredita.
Allo stesso tempo, però, corpi resistenti sono saliti sui tetti dell’Asilo e le finestre delle case intorno si sono aperte in solidarietà concreta e visibile.

Mentre, quasi in diretta, tutti i media descrivevano di un’azione di “ordine e pulizia”, che avrebbe dovuto accontentare e tranquillizzare il quartiere e la città, su Radio Black Out abbiamo potuto ascoltare che gente di Aurora e da tutta la città si è raccolta lì, in via Alessandria, a sostenere quelle persone che fanno dell’Asilo il luogo in cui si è certi di trovare solidarietà per chi subisce la violenza di uno sfratto, supporto pratico a coloro la cui vita è bloccata e abusata nei CIE e nelle prigioni e, più semplicemente e leggermente, un luogo di solidale compagnia nelle cene del martedì.

Tutti sappiamo che l’Asilo occupato è una pratica, che dura oramai da circa 24 anni, di costruzione di un altro mondo, al di fuori del prestabilito, normalmente conosciuto e impostoci.
Chi non lo sa, chi alza la voce per accusare di tentativi distruttivi ha scelto di ignorare la possibilità di sfidare la consuetudine imposta dal più forte, per costruire altri mondi dove tutte e tutti possano scegliere come e dove vivere.

Se non vogliamo esistere a testa chinata, arresi al dominio e alle discriminazioni di pochi su molti, alle scelte di alcuni che stravolgono e distruggono la terra, allora costruiamo, immaginiamo, invitiamo, condividiamo.
Questa possibilità non è per pochi ma, se lo si vuole, per tutti.

Ora più che mai:

VIVA GLI SPAZI LIBERI. VIVA IL DESIDERIO DI ESSERE LIBERI E SOLIDALI.

Solidarietà e lunga vita all’Asilo che resiste.

Solidarietà e lunga vita alla nuova Casa Cantoniera.

Solidarietà e lunga vita al nuovo Manituana.

michelotti libero
liberi tutti di entrare, di stare, di uscire

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Noi stiamo con chi combatte l’Isis

In Rojava, zona Curda nella Siria del nord, dal 2012 si è costituita la Federazione Democratica della Siria del Nord (FDSN), per una regione autonoma multi-etnica, multi-religiosa, che tra i suoi pilastri fondanti ha la laicità, il femminismo, l’ecologismo, il socialismo libertario.

Dunque una nuova società, i cui principi sono un’alternativa a quelli del capitalismo, fortemente legato ai poteri religiosi e ad una rigidissima e invadente cultura patriarcale, cui il nostro occidente pare ineluttabilmente assoggettato.

Questa pratica politica e sociale accade in una situazione ostile su più fronti, minacciata e attaccata militarmente dall’Isis, che ne mette a rischio l’esistenza politica, ma, soprattutto, la vita di tutti coloro che ne fanno parte.
E’ questa la ragione per cui la FDSN si è dotata di una Unità di protezione del popolo (Ypg) e di una Unità di protezione delle donne (Ypj), tutta femminile.

Da tutto il mondo occidentale, come sempre è accaduto nelle lotte di resistenza, uomini e donne hanno sentito la necessità di partecipare e supportare questa battaglia di libertà e autodeterminazione dei popoli e, all’interno dei popoli, dell’ individuo.

Alcuni hanno compiuto il passo più arduo:
allontanarsi, temporaneamente, dalla propria vita ordinaria, per essere al fianco di coloro che in questo momento combattono per la libertà e per la loro vita contro l’attacco dell’Isis e, con una visione più lungimirante, a favore della libertà di noi tutti contro l’oscurità che l’Isis ci promette.
Alcuni resistenti sono italiani, di Torino.

La procura della città ha richiesto per loro le misure, ereditate dal ventennio fascista (Codice Rocco), di <divieto di dimora> nella città in cui essi vivono, lavorano, hanno affetti e relazioni e la <sorveglianza speciale>, una misura che viene applicata senza alcun processo e che, di fatto, impedisce di muoversi, di partecipare alla vita attiva, di esprimersi in pubblico, di guidare e che li qualificherebbe come socialmente pericolosi, poiché abili nelle pratiche di difesa apprese durante il periodo di supporto attivo in Rojava.

Ci vogliamo opporre a questo meccanismo che, chiaramente, marginalizza e criminalizza innanzitutto le unità Ypg e Ypj e con esse lo spirito di solidarietà alla difesa della libertà che, fortunatamente, muove e fa decidere di pensare e, talora, agire tanti, ovunque.

Partecipiamo Sabato 19 Gennaio al corteo “Noi stiamo con chi combatte l’Isis”
Appuntamento in Piazza Carlo Felice alle 14

Partecipa e fai girare
https://it-it.facebook.com/events/225823884973365/

scarica qui il volantino

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MANIFESTAZIONE NO TAV  

08 Dicembre 2018
Partenza ore  14.00 piazza statuto

ricordiamo dalle ore  13.00, sempre in piazza statuto, polentata benefit per spese legali IUVENTA (scarica volantino qui)
e se dopo la polenta hai ancora fame, lungo il corteo e in piazza castello, cerca i panini buoni di “più panini meno confini” (scarica volantino qui)

Sabato 8 gennaio corteo NO TAV. Tutti invitati a partecipare. Noi ci saremo.

Ci saremo perché contrastiamo l’idea di sviluppo e progresso eterodiretto, perché contrastiamo l’idea di servitù volontaria verso ciò che ci trasforma da homo faber in homo comfort, cedendo di giorno in giorno, spazio dopo spazio, la nostra libertà.

Ci saremo per contrastare l’idea di ineluttabilità di quel progresso, che sacrifica interi ecosistemi, che hanno per millenni sostenuto ogni forma di vita, all’inseguimento di un’esistenza forse più agiata, solo per alcuni, e comunque schiava del meccanismo che distrugge il nostro stesso habitat.

Ci saremo perché ci interessa sostenere una mobilità che non impatti in maniera devastante sui territori.

Ci saremo perché ci interessa agire e sostenere percorsi di autoproduzione e recupero, di scelta consapevole e dal basso, di decisione condivisa e responsabile, contro la spasmodica ricerca di finte e inutili novità ad una velocità sempre maggiore e sempre più escludente.

LIBERA LA MONTAGNA, LIBERI GLI ALBERI E TUTTI LIBERI
20 anni senza Sole e Baleno

liberi tutti di entrare, di stare di uscire
michelotti libero

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LA SOLIDARIETÀ’ E’ UN DOVERE, NON UN CRIMINE!

I giorni 7, 8 e 9 dicembre tutti invitati a condividere la sorte dell’equipaggio della nave IUVENTA

Giorno 7 dicembre, presso Edera Squat – Via Pianezza 115, Torino
Aperitivo solidale dalle ore 19.00
Alle ore 21.00 proiezione del film IUVENTA di Michele Cinque e dibattito con l’equipaggio

Giorno 8 dicembre, appuntamento in piazza Statuto
Ore 13.00 calda polentata benefit (e poi tutti al corteo a gridare NO TAV)

Giorno 9 dicembre, presso CSOA Gabrio – Via Millio, 42, Torino
Ore 18.30 merenda sinoira
Ore 20.30 proiezione del film IUVENTA di Michele Cinque

Liberi tutti di entrare, di stare, di uscire
Ti aspettiamo

Scarica QUI il volantino e fai girare

Frattanto, qui sotto un po’ di informazioni:

IUVENTA è la nave acquistata da Jugend Rettet: un network che si è auto-organizzato per partecipare attivamente al salvataggio nel Mediterraneo.
Dal 2016 più di 14.000 persone sono state portate in salvo.
Tutto questo mentre i governi hanno abdicato all’impegno di soccorso e supporto, se non addirittura operato e legiferato per criminalizzarlo e di fatto impedirlo.

Nell’agosto 2017 la procura di Trapani ha ordinato il sequestro della nave per presunto favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in Italia, durante le operazioni di soccorso al largo della costa libica.
Le operazioni di polizia che hanno portato alla definizione di una tale accusa hanno richiesto mesi di sorveglianza, agenti sotto copertura ed intercettazioni.

Tra le 24 persone indagate ci sono 10 persone dell’equipaggio e l’accusa prevede fino a 20 anni di reclusione, oltre ad una multa di 15.000 euro per ogni migrante “illegale” soccorso.
Il procedimento giudiziario potrà durare tra i 3 e i 4 anni e le spese legali potrebbero ammontare a 500.000 euro.

Prima di ogni cosa consideriamo e sosteniamo la necessità della solidarietà e del soccorso, contro il tentativo che vien fatto di criminalizzarli.
Subito dopo c’è l’evidenza del fatto che – come fa notare Nicola Canestrini, avvocato difensore della IUVENTA – “Nessuno può essere riportato in Libia: sarebbe un’infrazione dell’Articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani (ECHR)”.

Le indagini e le relative misure prese hanno già causato innumerevoli morti, che si sarebbero potute evitare se la IUVENTA e altre navi di soccorso fossero rimaste libere di agire.
A sostegno di tutti quelli che sono sopraffatti e privati di salvezza e possibilità, Jugend Rettet e tanti altri, noi con loro, alzano la voce.

A sostegno degli indagati di IUVENTA alziamo la voce e supportiamo

Per info:
https://jugendrettet.org/en/

Per la difesa di quelli che difendono i diritti umani:
Borderline Europe e.V. (sono possibili donazioni certificate, eventualmente)
IBAN: DE11 4306 0967 4005 7941 00
BIC: GENODEM1GLS
Causale: IUVENTA

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MINACCIA DI SGOMBERO PER VILLAVEGAN A MILANO

Il giorno Venerdì 2 Novembre dalle 18.00

cena e assemblea pubblica anti-sgombero

partecipiamo e raccontiamo

In questi giorni incombe una minaccia di sgombero per un altro luogo liberato: Villa Vegan a Milano.

Le/gli occupanti della Villa comunicano che in questo periodo c’è la possibilità che avvenga uno sgombero e richiamano l’attenzione di tutte e tutti ad una solidarietà condivisa per la difesa della casa.

Chi è Villa Vegan

Villa Vegan è una casa occupata anarchica nella zona nord di Milano.
In tutti questi anni di occupazione Villa Vegan ha ospitato compagni e compagne da tutto il mondo, ha dato supporto logistico a tanti progetti autogestiti, in particolare quelli della scena punk hardcore e a tantissime lotte

Villa Vegan è con le lotte anti-carcerarie e di solidarietà alle prigioniere e ai prigionieri; nelle lotte ecologiste e per la liberazione animale; contro il razzismo ed i CIE (rinominati poi CPR); per le lotte transfemministe queer e contro la violenza di genere; per le lotte che rifiutano i rapporti con le istituzioni e sempre in opposizione al sistema capitalistico e allo Stato.

Sempre antifascista.

Sul sito Villa Vegan (qui) si può rimanere aggiornati e seguire la dinamica della situazione.

Per esprimere solidarietà scrivere a:
villavegansquat@inventati.org

Liberi tutti di entrare, di stare di uscire 

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La foresta di Hambach 

Hambach è una antica foresta nella Renania Settentrionale-Vestfalia, regione centro-occidentale della Germania.

Questa foresta esiste sin dall’era glaciale: in migliaia di anni ha sviluppato un ecosistema variegato, habitat di individui appartenenti  a specie diverse, di cui alcune a rischio oggi di estinzione.

Ghiri, gatti selvatici, pipistrelli, cervi e cinghiali vivono e si muovono armoniosamente  tra le antiche querce ed il libero selvatico.

Nel 1978 è iniziata, da parte della multinazionale dell’energia RWE, l’opera di disboscamento, che trasforma il bosco in una grossa miniera a cielo aperto per l’estrazione della lignite, cosicché attualmente al posto di una parte della foresta esiste una gigantesca buca, profonda circa 500 metri, esposta ai venti che ne trasportano le polveri nelle zone circostanti, ad esempio la città di Colonia, deteriorando di conseguenza la qualità dell’aria.
Le dinamiche di sfruttamento sono quelle che riconosciamo, poiché comuni ad altri luoghi e altri soggetti:
La crescita della miniera trasforma e distrugge gli equilibri dell’ecosistema della foresta e, contemporaneamente, scompagina quelli delle comunità umane locali.
Per evitare l’allagamento della miniera, le falde acquifere vengono prosciugate, compromettendo ulteriormente la sopravvivenza della foresta e dei suoi abitanti.
L’organizzazione – spesso ricattatoria – del lavoro, mette le persone occupate presso la RWE o nel suo indotto, nella tremenda scelta tra la propria ordinaria sopravvivenza e la sopravvivenza della terra stessa e della bellezza in essa.

Nel 2012, per opera di una sola persona, nasce e si sviluppa fino ad oggi una resistenza  che lotta per la difesa della foresta, che coinvolge la popolazione locale e migliaia di attivisti provenienti da diverse zone dell’Europa: tutte queste persone occupano la foresta coi loro corpi, costruiscono ed abitano case sugli alberi, resistono, vengono sgomberati, subiscono violente repressioni e detenzioni e il consueto travisamento, se non occultamento, delle notizie ed informazioni che li riguardano.
Attraverso la pratica e l’azione diretta, ad Hambach si sta oggi lottando contro quelle dinamiche di dominio che negli anni hanno normalizzato la devastazione della terra, subordinando al profitto la libertà di chi la popola.

Informazione permanente (in lingua italiana) a questo link earth_riot

Per saperne di più e a sostegno della resistenza in Hambach, riceviamo ed inoltriamo l’invito:
Sabato 3 novembre a Torino, presso il Csoa Gabrio (via Millio 42), nuova tappa del tour Support Hambi Resistance: campagna solidale per far conoscere la lotta in corso nella foresta di Hambach, gli aspetti che la caratterizzano e raccogliere fondi che possano sostenere una Resistenza dalla quale dipende il concetto stesso di Liberazione.
L’evento è stato organizzato da Earth Riot in collaborazione con Mattarelli Ribelli, Antifascisti ed antifascisti torinesi e Zona Bandita Csoa Gabrio.

Alle ore 18.30 – Conferenza sulla Resistenza di Hambach: Earth Liberation is Total Liberation – a cura di Earth Riot
Il tutto arricchito e integrato da numeroso materiale informativo, l’esposizione di Hambach Calling: mostra al metro, e la presentazione del terzo numero di R – Old school, do it yourself Zine by Earth Riot incentrato sulla battaglia per il clima.
Alle Ore 20 – Cena benefit a cura di Mattarelli Ribelli, vegan ovviamente, il cui ricavato verrà destinato ad Hambacher Forest:
Conclude la serata Olmo Losca con una lettura di poesie antispeciste.

PRENOTAZIONI
370 308 9431 (Ilaria)

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VOGLIONO SGOMBERARE L.A. PERLA NERA 

Il giorno 13 ottobre ad Alessandria, da Piazza Marconi alle 15.00, tutti in solidarietà con il Perla Nera

partecipiamo e raccontiamo

Siamo solidali con chi sostiene l’idea anarchica, solidali con tutti i luoghi liberati, solidali con chi non si rassegna, con chi sperimenta la libertà, solidali con i sognatori e gli artefici dei propri destini, convinti che delegare il proprio presente equivalga alla rinuncia a partecipare alla creazione di una umanità futura.

Invitiamo tutti a partecipare alle azioni di difesa del Perla Nera.
Vieni in pace ma stai all’occhio!

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LA FORESTA DI HAMBACH

Sulla terra che viviamo pochissimi sono i luoghi di resistenza e frattanto si moltiplicano le abitazioni colpite da sfratto, i parchi obiettivo delle azioni di cementificazione, le città militarizzate, le foreste sfruttate indiscriminatamente.
Però ci sono volte in cui la voglia di reazione all’evidente arroganza del capitalismo ci spinge a reagire e così la pratica dell’azione diretta si trasforma sino a diventare tentativo fattivo di resistenza.

I presidi anti-sfratto, le manifestazioni di piazza in solidarietà alle realtà sociali occupate, le azioni della critical-mass e ancora le azioni di riappropriazione dei luoghi abbandonati, il sostegno degli  internazionalisti all’esperienza di democrazia partecipata del Rojava e tutte quelle pratiche a sostegno della libertà sono segno tangibile della lotta all’ingiustizia.

Nel cuore della Germania, Hambach è oggi uno di questi luoghi: una foresta antichissima, colpita dall’ascia capitalista, che la sta devastando insieme a tutte le migliaia di specie animali e vegetali che vivono del suo respiro.
Nel 2012, quando un attivista usò il suo corpo per la difesa degli alberi, è iniziata una delle campagne più potenti e allo stesso tempo più ignorate della storia ecologista radicale.
Attivisti provenienti da tutto il mondo realizzano giorno dopo giorno una resistenza dal basso, per contrastare la multinazionale energetica RWE, che dalla fine degli anni 70′ opera la distruzione della foresta per l’estrazione di lignite.

Nella foresta di Hambach è in atto una resistenza solidale tra specie, con uno sguardo ampio e includente, contro la supremazia di pochi a discapito della vita di tutti i terrestri.

 

Partecipiamo e raccontiamo

per informazioni 

hambacherforst.org
earthriot.altervista.org/blog

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UNA RETE DI SOLIDARIETÀ E RESISTENZA

Il parco Michelotti è stato per lungo tempo un luogo in cui liberamente stare o anche abitare – piante, animali ed umani – senza bisogno di permessi, a sostegno di una povertà materiale che non dà altre possibilità, o anche in risposta ad una scelta per la propria vita.

Con i nuovi progetti del comune di Torino  – e benvoluti da una gran parte degli abitanti della città – ora questo non è più possibile: il parco è tornato ad essere un luogo ad utilizzo specifico e ben definito (addirittura normato), perdendo così quella sua speciale attitudine di accoglienza libera e senza condizioni, che aveva sviluppato negli ultimi 30 anni di abbandono a se stesso, ovvero di vita libera.

I luoghi accoglienti e solidali  – e che sono tali persino al di là delle persone che li abitano – sono molti, e potenzialmente anche di più, qui a Torino.

D’altronde a Torino sempre più persone scelgono di occupare una casa o un terreno vuoti per abitarli, perché non possono pagare un affitto, perché non intendono rassegnarsi alla strada; così come c’è chi occupa uno spazio vuoto per creare esperienze di autogestione, mutuo appoggio, fuori e contro la logica della merce e del profitto.

L’autogestione, il rifiuto della proprietà privata, la scelta dell’azione diretta sono incompresi da molti e infastidiscono spesso i cittadini, certamente disturbano l’amministrazione della città, che pretende di incarnare il bene comune imponendo sgomberi tout court o partecipativi, oppure provando ad imporre un regolamento alle nuove occupazioni che appare improntato alla delega e alla personale de-responsabilizzazione.

La lista degli ultimi sgomberi è lunga ed in rapidissima crescita:
Ex-Moi, Fenix, Manituana, Zona solidale Vallette, 83 baracche di corso Tazzoli (120 persone), più gli sgomberi abitativi che vedono Torino in testa alle classifiche.

Ci pare necessaria e importante una larga e indomita riflessione sul senso della prassi della occupazione e sull’effetto di responsabilizzazione e liberazione che esse  hanno sulla vita di tutti e della società, ovvero sulle motivazioni e gli scopi di una così pesante azione di repressione che si sta attuando

A Torino è nata una rete solidale per sostenere le esperienze di occupazione e azione diretta, per dare forza a chi occupa una casa per viverci, uno spazio da autogestirsi, a chi vuole e partecipa ad una alternativa di società

Rete di solidarietà e resistenza

gozzilla@inventati.org

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FENIX (DI NUOVO) SGOMBERATO 

Il nuovo, nuovissimo FENIX, che da sempre resiste a Torino, comparendo in luoghi ogni volta inaspettati e diversi e in cui imbattersi è sempre più facile e felice, è stato sgomberato ancora una volta, oggi 21 giugno 2018 nella mattina, molto presto

torino è una città di sgomberi, l’italia è una terra di espulsioni, allontanamenti, nasi turati ed occhi serrati

ma invece no: torino è una città di resistenza e solidarietà, l’italia tutta è una terra di accoglienza, in cui arrivare è facile e in cui stare e da cui ripartire è altrettanto facile

Prossime iniziative solidali:
stasera 21 06 2018 alle 20.00 ai giardini reali, nei pressi dei 2 FENIX SGOMBERATI, pic-FE-nicS bella vita di solidarietà: tutti assieme là dove ci piace essere
lunedì 25 06 2018 alle 21.00 presso Radio Black Out assemblea aperta

liberi tutti di entrare, di stare e di uscire
di entrare, di stare e di uscire
di entrare, di stare e di uscire
di entrare, di stare e di uscire
di entrare, di stare e di uscire
di entrare, di stare e di uscire
ad libitum

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PRESIDIO CONTRO LA CACCIA
Venerdì 8 giugno 2018 ore 9.30
Piazzetta reale ingresso palazzo Chiablese, Torino

I tasselli del dominio sono tanti, ma la lotta contro è una sola: una lotta per la liberazione totale del vivente.

Il tentativo del sistema di schiacciare la libertà di espressione e di esistenza è in ogni luogo fisico e mentale, colpisce ogni diversità che non sia omologata e omologabile alla sua unica finalità di mercificazione della vita in nome del profitto.

La caccia rappresenta uno di quei tasselli del dominio, che si esercita legalizzando la violenza armata contro la vita spontanea.

La vita selvatica, relegata in spazi sempre più limitati e incerti, è costretta a fuggire, è schiacciata dalle strade, è interrotta dalla presenza di agglomerati invadenti urbani.
La vita spontanea è colpita dalla brutalità venatoria, che ha come unico valore la gestione del vivente, attraverso ripopolamenti e abbattimenti, come se quei corpi selvatici fossero pedine di un gioco da tavolo. Il guadagno dell’armamento venatorio è uno tra i principali motivi di tanto interesse che lo stato ha per questa carneficina.

La militarizzazione dei boschi con il consenso dello stato è un forma di violenza non accettabile. La vita umana e non umana è continuamente dominata, addomesticata e gestita dall’umano e la caccia è una delle pratiche che rendono questo possibile.

NO alla militarizzazione dei boschi

SI alla vita libera e selvatica

A PRESTO
Venerdì 8 giugno 2018 ore 9.30
Piazzetta reale ingresso palazzo Chiablese, Torino

SCARICA QUI IL VOLANTINO

FAI GIRARE  

Ascolta/Scarica lo Spot QUI 

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CHE COSA SONO LE FRONTIERE

Che cosa sono le frontiere?

Le frontiere, ci insegnavano a scuola, sono delle linee immaginarie.

Eppure, oggi esse si fanno sempre più reali, più prepotenti e presenti che mai, determinando la vita o la morte, la speranza o la sconfitta nell’esistenza di molte persone.

Rispondendo alla necessità degli Stati di mantenere il controllo e la sicurezza interna, declinando nella pratica un razzismo che è diventato inequivocabilmente istituzionale, queste linee si armano, di uomini e di mezzi, per contrastare il cosiddetto nemico “che viene da fuori”, le nuove “invasioni dei barbari”, ovvero, con una semplicità tanto banale quanto assurda, chi possiede la pelle di un colore diverso.

La questione dell’immigrazione è il terreno su cui si gioca l’attuale scenario politico tra i vari Stati: un fenomeno da contrastare, dicono, una faccenda talmente importante da giustificare la messa in campo delle più svariate e brutali misure di sorveglianza, repressione e militarizzazione della società, dagli spazi urbani a quelli costieri e montani.

Ed è proprio in montagna, sulle Alpi, nel caso del confine Italia-Francia, che le conseguenze di queste misure si ripercuotono disastrosamente sulla vita di chi invece ha la necessità o la volontà di spostarsi, ma non è considerato il benvenuto.

Tutto ciò si traduce, nei fatti, nell’invasione dei colli montani da parte di militari e polizia, nei rastrellamenti sui sentieri e nella neve, nelle cacce all’uomo, nelle morti di chi scappando perde la vita, nelle deportazioni di massa.

Con ogni mezzo viene impedito lo sconfinamento, ma il flusso di chi vuole passare dall’altra parte non si ferma, e la situazione non può fare altro che scoppiare.

Nelle settimane precedenti il 22 aprile, al termine della stagione sciistica che aveva moderato leggermente i respingimenti per non far fare allo Stato una brutta figura coi ricchi turisti (per loro sì che i confini sono invisibili!), la frontiera è tornata a rafforzarsi, a mostrare i denti. Ma nonostante tutti i suoi tentativi, a cui quel giorno si erano aggiunti anche gli sforzi di alcuni gruppi fascisti, le persone con l’intento di attraversare hanno continuato ad arrivare.

Per questo motivo si è deciso tutti assieme, migranti e solidali, di unirsi e reagire a questa situazione, attraversando con un corteo quello lo spazio tra Claviere e il Monginevro:

un maledetto confine, che invece ma che per tutti noi, amanti della libertà, rappresenta invece un bellissimo ambiente di montagne, boschi, neve, fauna e flora.

Con tanta determinazione (si sa che la Valsusa paura non ne ha!) si è oltrepassato l’impreparato cordone di polizia francese, e con altrettanta tenacia sono stati percorsi sotto il sole i quasi 20 km che separano l’Italia dalla cittadina francese di Briançon.

Rimanendo uniti, sostenendosi a vicenda, si è raggiunto il centro della città ed un luogo sicuro in cui sciogliere il corteo.

Quando tutto sembrava concluso per il meglio, ecco i gendarmi, troppo codardi per affrontare direttamente i manifestanti tutti assieme, che vigliaccamente cercano di rivalersi, aggredendo alcuni compagni che si erano allontanati dal gruppo.

Quasi subito tre arresti vengono confermati, e in poco tempo tutti i prigionieri vengono trasferiti in altre carceri del Paese.

Nei giorni successivi esce l’accusa ufficiale: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in concorso, un reato che può prevedere molti anni di carcere.

Quest’accusa non è casuale, ma è una dimostrazione di forza, una pena esemplare per il futuro, ed una vendetta per il presente, per lavare la macchia di vergogna poliziesca di non essere riusciti ad impedire che 40 persone con la pelle scura varcassero il confine.

Nei giorni a seguire la solidarietà si è mobilitata per i compagni arrestati ed oggi la notizia è che la detenzione è stata trasformata in obbligo di firma a Marsiglia.

Nessuno dei tre compagni arrestati è francese e quella che sulla stampa viene raccontata come una scarcerazione altro non è, in realtà, che il buon vecchio confino, cui si destinano quelli che individuano ed esprimono nei fatti il loro dissenso: in questo caso alle frontiere che ci rendono migranti, clandestini, fuggitivi, imprigionabili e prigionieri anziché uomini e donne (ed animali aggiungeremmo noi) liberi di camminare ovunque

La solidarietà non si arresta, nessuno si lascia spaventare e le frontiere continueranno ad essere varcate, con o senza il loro consenso.

Tutti liberi di entrare, stare ed uscire

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FENIX OVUNQUE

IL FENIX TORNA AI GIARDINI (IR)REALI 

Dunque, la Fenice errante ritorna ai giardini Irreali, nel suo habitat.
Dove riprenderà la distribuzione di materiali antiautoritari autoprodotti, incontri, dibattiti, assemblee, concerti, cinema, teatro, feste, giochi, Bellavita, Benefit e, naturalmente, il restauro di quest’altra struttura cadente. Ma soprattutto azione diretta e autogestione. E libero svolazzare del pensiero in questo spazio liberato, d’incontro.

Il nido della Fenice riprende a fiammeggiare nel cuore di Torino.

Passa a salutare e per partecipare alle nuove attività o proporne ancora altre
Scarica qui il comunicato
Fai girare
Ci vediamo lì

 

 

 

 

 

 

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Dal Rojava alla Valsusa, la resistenza continua

L’11 Aprile a Roma la corte di cassazione ci darà la sentenza contro 38 compagni e compagne, imputati per gli scontri del 27 Giugno e del 3 luglio del 2011 in Clarea, per impedire l’inizio dei lavori del tunnel esplorativo
del Tav.
Il 27 Giugno migliaia di manifestanti cercarono di impedire l’inizio dei lavori mettendo i propri corpi contro ruspe e contro le migliaia di sbirri accorsi in difesa degli operai per sgomberare l’area.
I giorni precedenti allo sgombero la Libera Repubblica della Maddalena vide migliaia di persone che si preparavano all’arrivo della polizia, ormai certe dell’imminente attacco e della volontà dello stato di far partire
i cantieri. Decine di persone costruirono barricate ed organizzarono turni di guardia giorno e notte; unite dalla convinzione di difendere un territorio minacciato dello stato italiano che voleva imporre un’opera inutile e
dannosa per l’ambiente.
Il 27 giugno, la polizia fece fatica a sgomberare l’aerea, che era difesa con determinazione da compagni e compagne, gli ci vollero ore di scontri e migliaia di lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Dopo lo sgombero il movimento Notav dichiarò “Siamo tutti Black block” e lanciò una manifestazione nazionale per il 3 Luglio, con l’intento di arrivare in Clarea e riconquistare l’area del cantiere. Decine di miglia di persone da tutti Italia, uomini, donne, bambini e anziani riempirono con una vera e propria marea umana i 3 punti di ritrovo. Ancora prima che i cortei raggiungessero l’aera della Clarea, gli sbirri iniziarono a sparare migliaia di lacrimogeni dall’autostrada in direzione dei manifestanti, con l’obiettivo di colpirli, furono decine i feriti dai lacrimogeni sparati ad altezza uomo e dalle pietre lanciate dalla polizia.
Nonostante la violenza della polizia, la determinazione del popolo Notav era molto superiore e la polizia non riuscì a penetrare dei boschi, indietreggiando e limitandosi a sparare lacrimogeni ad altezza uomo per far
desistere i compagni e le compagne.
Dopo questi giorni di lotta, i media di regime cercarono di dividere il movimento tra buoni e cattivi, criminalizzando la lotta Notav e scrivendo delle centinaia di poliziotti feriti, di cui più avanti si scoprirà che i referti medici erano falsificati e gonfiati.
Dopo mesi di criminalizzazione e infamie sui giornali, la macchina repressiva non si fece attendere, Il 26 Gennaio del 2012, furono eseguite in tutta Italia 25 misure cautelari in carcere, ed altri compagni furono colpiti da divieti di dimora e obblighi di firma.
In totale per il 27 Giugno e 3 luglio sono stati imputati 53 Notav: un processo politico che cerca di spezzare un Movimento che lotta da 20 Anni.
In primo grado erano state 47 le condanne inflitte per un totale di 142 anni di reclusione in tutto, nel secondo grado le condanne sono scese a 38.
La corte d’appello deve decidere se accettare i ricorsi presentati dagli avvocati oppure confermare le condanne. I risarcimenti danni che, ad oggi, gli imputati dovrebbero pagare ammontano a 145 mila euro alle
parti civili tra cui Talt, sindacati di Polizia e ministeri, e 250 mila euro di spese legali.
Lo stato presenta il conto, contro decine di compagni e compagne, che coraggiosamente in questi anni di resistenza hanno lottato, e lottano, contro il Tav.
Molti dei compagni imputati rischiano di finire in carcere subito dopo la sentenza, in questi anni insieme a loro abbiamo percorso quei sentieri, senza arretrare e continuando a resistere.

Dal Rojava, il luogo in cui ci troviamo, non può che arrivare la nostra più piena solidarietà, quella stessa solidarietà internazionalista che ci ha portati qui nel Nord della Siria per difendere una rivoluzione, perché
per noi la lotta non ha confini, il nemico è lo stesso, cambiano solo le modalità di lotta e resistenza.

La resistenza continua, la lotta non si arresta.
Solidarietà rivoluzionaria ai compagni e alle compagne imputate, non lasciamoli soli.

La solidarietà è un’arma, usiamola!

3 combattenti italiani dello Ypg
Azadi Raperin, Botan Sandokan, Delsoz Arin
10/04/2018

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CONTRO L’EMARGINAZIONE E LA VIOLENZA PSICHIATRICA 

 

In Italia oggi si pensa di essersi lasciati alle spalle l’inferno dei manicomi, quei luoghi di tortura, esclusione e prigionia dove per anni sono stati segregati senza tetto, poveri, trasgressori di norme sociali e comportamentali, oppositori politici.

La legge 180/1978 ha definitivamente chiuso questi luoghi, così come recentemente la legge n. 81/2014 ha fatto con gli OPG (Ospedali psichiatrici giudiziari), ma a distanza di 40 anni occorre riflettere se sia sufficiente chiudere un luogo fisico, senza intaccarne i presupposti, ossia il concetto stesso di “malattia mentale”, e senza superare la pratica dell’internamento manicomiale.

La legge 180, nonostante stabilisca che i ricoveri debbano essere volontari, prevede che si possa comunque ricorrere alla coercizione tramite il TSO (trattamento sanitario obbligatorio).
Ancora oggi, quindi, la psichiatria ha il potere di giudicare arbitrariamente le persone, etichettandole come “malate” per un loro pensiero e comportamento, di drogarle senza la loro volontà, e di imprigionarle all’interno di strutture più piccole, più confortevoli e pulite, capillarmente distribuite sul territorio e con esso più integrate (repartini/SPDC, CSM, case famiglia, cliniche e comunità terapeutiche).

Il manicomio, dunque, invece di essere chiuso si è diffuso, si è integrato con le altre strutture repressive territoriali, anche sulla spinta della moderna psicofarmacologia e degli interessi del privato sociale:
nei CPR gli psicofarmaci sono nascosti nel cibo, al fine di controllare chimicamente i reclusi per ragioni di sicurezza; nelle carceri vengono somministrati ansiolitici, sedativi e tranquillanti in maniera massiccia, e vengono aperti reparti di osservazione psichiatrica; nelle scuole vengono effettuati screening e somministrati test per individuare preventivamente le “malattie” e indirizzare le famiglie verso una tempestiva “cura”.

Ma può esserci una possibilità di “cura”, di riabilitazione e reinserimento sociale senza il consenso, la volontà e la libertà degli individui?

Chi oggi ha la sfortuna di incappare nelle reti della psichiatria, nella sua presa in carico vitalizia da parte del Servizio Sanitario Nazionale, racconta di rapimenti in repartino, reclusioni prolungate in strutture residenziali, obbligo di cure (su ricatto di un eventuale TSO), visite e somministrazioni forzate di psicofarmaci.

Così come avrebbe potuto descrivere Andrea Soldi, colpevole di non aver voluto sottoporsi alla mensile iniezione a lento rilascio (depot) di Haldol – un potente e dannoso neurolettico, che provoca dipendenza e gravi effetti collaterali -, e di aver quindi fatto una libera scelta sul come volersi curare per stare meglio, e per questo brutalmente strangolato dalla squadra mobile dei vigili urbani il 5 agosto 2015 su una panchina di Piazzale Umbria, a cui si era aggrappato per sfuggire all’ennesima cattura e violenza farmacologica.
Parecchi testimoni hanno visto prendere e stringere per il collo l’uomo fino a farlo diventare cianotico, ammanettarlo e buttarlo privo di vita a testa in giù su una barella, la stessa con la quale è arrivato al pronto soccorso già morto.
Il 27 settembre si è aperto il processo che vede imputati per omicidio colposo i 3 vigili (Stefano Delmonaco, Manuel Vair, Enri Botturi) autori della manovra contenitiva che ha di fatto soffocato l’uomo, e lo psichiatra (dott. Pier Carlo Della Porta) che ha disposto il TSO senza che ci fossero le necessarie condizioni previste dalla legge.

In occasione della prossima udienza del processo (venerdì 23 marzo), saremo presenti dalle 9 sotto il tribunale per contestare la pratica del TSO e gli abusi della psichiatria.
Per ribadire che quella di Andrea non è una storia di malasanità, un errore nell’attuazione di un provvedimento terapeutico, ma è la più tragica conseguenza di pratiche quotidianamente perpetrate dalla psichiatria.
Non è neanche un caso isolato di morte per TSO, perché sono in tanti a perdere la vita durante la cattura e soprattutto a causa dell’indiscriminata e ponderosa somministrazione di psicofarmaci.
La differenza è che nel caso di Andrea ci sono tanti testimoni, occhi e orecchie di persone che hanno assistito a ciò che mai avrebbero potuto immaginare, visto che la repressione psichiatrica avviene nella solitudine degli utenti, nel silenzio delle loro famiglie, all’interno di reparti chiusi e di luoghi isolati.

Inoltre sono state organizzate una serie di iniziative (incontri, dibattiti, presentazioni di libri e cineforum) per approfondire l’argomento, confrontarci e condividere pratiche di ascolto e aiuto diretto.

Come possono i comportamenti delle persone, siano essi “anormali” e non comprensibili, come possono il dolore e la sofferenza, essere giudicati “malattia”?
Cosa differisce la “follia” dalla “normalità”, se “normale” è uccidere delle persone o drogare dei bambini?
E soprattutto, possiamo liberarci dalla psichiatria? Si possono creare spazi relazionali di condivisione di pensieri ed esperienze tutte – di crisi, conflitti e difficoltà -, affinché le persone possano vivere, relazionarsi e confrontarsi liberamente, e si possa diffondere una cultura di libertà, solidarietà e valorizzazione delle differenze?

Prossimo appuntamento venerdì 23 Marzo, dalle 9.00 in zona tribunale 
Presto informazioni per tutte le altre iniziative

Liberi tutti di entrare, di stare e di uscire

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FENIX SGOMBERATO 

Ciao a tutti,

diamo notizia che stamattina il FENIX OCCUPATO è stato sgomberato e si sta procedendo in questo momento a sigillare porte e finestre con calce e mattoni

Il FENIX (un casotto nei Giardini Reali, via Rossini) è stato la prima occupazione della città di Torino circa 30 anni fa
Quella prima occupazione fu poi forzosamente interrotta e ripresa nuovamente 7 mesi fa, con grande gioia e condivisione di tanti

Oggi, nel giorno in cui ricorreva per l’appunto il settimo mesiversario della nuova occupazione, alle ore 6 del mattino la polizia ha sfondato per entrare
In quel momento nessuno era all’interno

I compagni stanno in questo momento portando via i libri della libera biblioteca che il FENIX ospita, la mobilia ed il resto

Proviamo tristezza e rabbia per la inutilità, sopraffazione e arroganza di questo come di ogni sgombero o limitazione di accesso a luoghi pubblici, solidali, intelligenti e belli

A presto per continuare
michelottilibero fenixlibero

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incontroliberazioneanimale2016

Come ogni anno, anche questa estate un incontro per fare il punto della situazione sulla liberazione animale e della Terra

Scopo di questo incontro è il desiderio di fermarci a riflettere sulle basi teoriche e sulle prassi di liberazione dei viventi e della Terra, ponendole in relazione con quanto sviluppato da altri movimenti di critica sociale.

In particolar modo, si discuterà dei nessi tra antispecismo ed ecologia, dell’impatto dello sviluppo tecno-industriale, delle sottaciute operazioni discriminatorie dell’architettura urbana e di come un movimento più consapevole dovrebbe ripensare i termini-chiave su cui basa le proprie lotte.

Quest’anno l’incontro si arricchisce prendendo esplicitamente in esame le pratiche di sfruttamento e le potenzialità di liberazione del pianeta, mantenendo però la sua tradizione: più che un invito ad ascoltare teorie di altri, l’occasione per partecipare ad un laboratorio in cui costruire insieme nuovi mondi e nuove relazioni

 

1, 2, 3 Luglio
Nuova casa del popolo “La casona”
via Ponticelli, 43
Ponticelli di Malalbergo (BO)

al link qui sotto tutte le informazioni
http://www.incontroliberazioneanimale.net/

e scarica i pieghevoli qui e  qui

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Pesticidi e biotecnologie, veleno e controllo

25 giugno 2016  – Kascina Autogestita Popolare, via Ponchia 8 Bergamo
25giugno-2016scarica qui il volantino

 

In questa terza giornata di mobilitazione contro glifosato, biotecnologie e il mondo che le produce, vogliamo continuare a mettere sotto pressione i responsabili delle contaminazioni e ribadire che un mondo libero e vivo è un mondo senza pesticidi, OGM e ingegneria genetica.

Queste nocività, prodotte e vendute da Bayer, Monsanto e Adama, sono autorizzate da enti come EFSA mentre i governi, le associazioni per la sostenibilità e i vari esperti non fanno che legittimarle regolamentando le devastazioni da esse causate.

Lo sfruttamento di ogni forma di vita è oggi la forza motrice di questo sistema mercantile tecno-scientifico, fermarlo è una necessità non solo in favore della libertà ma per l’esistenza stessa degli esseri viventi.

Dalle 13 alle 19 presidio in piazza Matteotti – Bergamo – davanti al comune con mostra, interventi e materiale informativo
Ore 15 partenza biciclettata verso l’Istituto per la Sperimentazione Genetica per la Cerealicoltura a Stezzano (BG) e la sede di Adama Italia a Grassobbio (BG)
Dalle 20 cena veg bio e dibattito su pesticidi, biotecnologie e nocività

Per info biciclette e altro: capitanswing@riseup.net
mailto: capitanswing@riseup.net

NEMICHE E NEMICI DI OGNI NOCIVITÀ

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Una Giornata sulla Lotta

EMPATHY 2015 - drawing aloud

Domenica 24 gennaio 2016, in quel posto di luci e forme che è il Barocchio Squat, è stata una giornata sulla lotta, in tanti modi:
corpi, idee, parole per resistere.

La giornata è passata dal corso sulla difesa personale “Gambe in Spalla”, per recuperare il nostro essere selvatico e muovere dei passi verso la possibilità di sapersi divincolare di fronte a possibili aggressioni, alla discussione sul dossier “Conoscerli per isolarli, isolarli per eliminarli” che alcuni attivist* milanesi hanno presentato.
Il tutto sostenuto da cibo vegetale portato da molti, per riprendere le energie dopo una fatica fisica.

La partecipazione è stata incoraggiante, a dimostrazione del fatto che si rimane vigili di fronte alla necessità di sapersi difendere da molte situazioni sia fisiche che non.

A fare nascere l’esigenza e la voglia di incontro sono state, tra l’altro, alcune recenti evidenze tra i compagni e le compagne di quanto sia facile scivolare nella pozza oleosa del qualunquismo politico: questo ci fa sentire la necessità, ancora una volta, di far luce sulle infiltrazioni di destra nell’ecologismo e animalismo.

A Torino sta per nascere un nuovo zoo.
E’ ambiguamente chiamato con nomi come bioparco, a richiamare la vita e il verde&felice, ma nella sostanza rimane prigione per animali, vittime dell’agire antropocentrico.
Il Comune di Torino, tramite l’assessore Enzo Lavolta, ha deliberato circa un anno fa la proposta di assegnare ad un privato una porzione del Parco Michelotti, dove già per i trent’anni e fino a trenta anni fa, sorgeva uno zoo, per il quale la città di Torino ha già espresso volontà di chiusura.
Al bando per questo spazio ha partecipato un unico candidato: lo Zoom, infelicemente noto zoo di Cumiana che per lucro detiene in cattività
animali, che mai avranno possibilità di ritrovare la selvaticità e destinati per sempre a rimanere comandati in uno spazio a loro assegnato.
Lo Zoom, unico partecipante e unico adeguato ad un bando di quel genere, come cucitogli addosso, si è quindi aggiudicato la gara.

Di fronte a questa situazione, si agita il mondo animalista, all’interno del quale si intravedono alcune figure e comportamenti ambigui, a volte più evidenti a volte meno.
Alcuni gruppi cavalcano con naturalezza posizioni xenofobe e autoritarie.
Altri semplicemente accettano che tutto possa essere praticabile per il benessere degli animali.

Eppure chi è convinto che le lotte si intersecano e sostengono e che la liberazione animale e della Terra sia anche liberazione umana, non può accettare velati o dichiarati comportamenti fascisti, che sgretolano l’idea di lotta costruttrice di una realtà di liberazione generale.

Il Dossier “Conoscerli per isolarli, isolarli per eliminarli”, che è stato presentato, è un’analisi mirata e fondamentale per comprendere e verificare quante infiltrazioni di destra più o meno estrema esistono e si diramano anche in ambiti meno ovvi.

Per un antispecismo che unisca le lotte e che porti in sé un forte e dichiarato nocciolo antiautoritario e sempre antifascista e per un Michelotti Libero di tutte e tutti, liberi di entrare e di uscire!

michelottiliberato

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Difesa Personale

La Lotta 2016 - drawing aloud
La Lotta 2016 – drawing aloud

“Gambe in Spalla”, il corso sulla difesa personale proposto e gestito da Luca domenica 24 gennaio nella palestra del Barocchio Squat, ci suggeriva già nel titolo l’idea della fuga, della necessità di correre  via da qualche cosa.

In parecchi abbiamo partecipato, chi per un motivo chi per un altro, ma, forse, per tutte e tutti all’inizio c’è stato la volontà di riconoscere che anche noi possiamo essere aggrediti e sopraffatti e che la decisione di difenderci è viva.

Di fronte alla teoria in cui Luca ci ha coinvolt* e nella pratica che tutt* abbiamo messo in atto, ognun* ha avuto le proprie visioni e sensazioni:
la rabbia dell’essere chiusi ed il sentire con forza nascere la voglia di liberarsi da una presa qualsiasi,
le immagini di gabbia e della opprimente e maledetta prigionia,
il lamento di un essere costretto da una catena,
il dolore e l’angoscia di una perenne chiusura, proprio come quella degli animali di uno zoo,
la ribellione contro l’essere tenuti, lì fermi per terra o afferrati quando e dove non si vuole.
Chissà, mille altre possibilità, numerose quanto vaste sono le possibilità di sentire che abbiamo umani e non umani.
Noi, come donne, non abbiamo potuto non pensare alla violenza sessuale, l’ansia di essere bloccate e toccate, lese nel profondo del corpo e non solo.

Ma poi, oltre a tutto questo, altre fini sensazioni sono uscite come ruggiti da quella stanza, nate dal gioco dei corpi:
il linguaggio del tocco e della presa, il momentaneo ricordo e recupero della nostra selvatichezza – repressa quotidianamente dal sistema in cui viviamo e quindi, infine, da noi stessi – l’ osservazione della nostra forza fisica e delle possibilità di comunicazione che abbiamo, come esseri dotati di corpi, oltre che di pensiero e parola, l’idea che questa ultima comunicazione, proprio perché senza parole, possa essere la via per intersecare tutti quelli che non usano il nostro stesso sistema di pensiero e parola, appunto.

Durante quelle ore, l’idea di violenza, contenuto principale e portante del corso, è svanito a tratti.
Al suo posto l’aspetto ancestrale della lotta e dei corpi agitati a rendere solidale l’incontro tra compagne e compagni che costruiscono la propria difesa.

Ringraziamo tutte e tutti le/i compagn* intervenuti per realizzare questa giornata.

 

michelottEliberatE 

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Michelotti libero, stavolta per davvero!

Il  20 e il 21 novembre 2015 il parco Michelotti è stato liberato per una TAZ di due giorni grazie a compagn* di case occupate e solidali arrivati da varie città e da varie realtà in un’ottica di scambio e condivisione con l’intento di vivere un luogo e aprirlo a tutte e tutti.

U?????????????na Temporary Autonomous Zone fatta di musica, concerti, writings, distro, serigrafia, cibo e pizze veg cotte in un forno autoprodotto, in cui sono stati fatti approfondimenti sulle ultime esercitazioni NATO Trident Juncture, con un dibattito antimilitarista a seguire e sull’appena concluso Expo, attraverso una lettura performata di “Gli spettacolari sensi di expo” del collettivo “Liberati da Expo”, con un riadattamento scenico ad hoc raccontando così anche quanto la giunta comunale preveda come squallido destino del parco.

Ci è sembrato importante riproporre Expo, anche a battenti chiusi, perché l’immaginario che ha creato continua ad esser riflesso ovunque, in ogni mistificazione della realtà, nel green-washing quotidiano e quindi anche nel cercare di rielaborare e far percepire le gabbie come “più felici”, nel tentare anche di venderci biglietti per spazi che già appartengono ad animali umani e non, nella loro libertà.

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Son passate più di mille persone in due giorni, e tutto il ricavato di cibo e bevande è stato destinato a benefit per Marina Cugnaschi e per i 4 compagni ancora in carcere dopo i recenti arresti per il primo maggio Noexpo.
Abbiamo condiviso spazi e tempo per rivendicare la voglia di contrastare logiche di speculazione, riappropriandoci tutt* di uno splendido parco pubblico,  un parco quindi di tutt*, destinato, invece, a trent’anni di privatizzazione e sfruttamento.

E’ stato raccontato di dominio, di liberazione animale e di cosa fosse quel parco un tempo e quali siano i progetti del comune di Torino a braccetto con Zoom s.p.a., il solo candidato presentatosi al bando di gara per l’assegnazione del parco.
In molt* non conoscevano la storia e speriamo di aver contribuito a dare un motivo in più ad una lotta di liberazione.
Una lotta che per noi vede la liberazione totale di ogni vivente come obiettivo.

Dal venerdì alla domenica quel parco non ha più avuto un cancello, non ci sono più stati lucchetti, era di tutt*, come dovrebbe essere. Sempre. ????????????? Persone di ogni età sono state felici di trovare il parco APERTO e poter camminare su un tappeto meraviglioso di foglie, turbato soltanto dalla tristezza di quelle che furono gabbie e che non devono tornare ad esserlo; né lì, né altrove.
Per nessun*.