ABITANTI DEL MICHELOTTI

BIODIVERSITÀ VIVA E SPONTANEA AL PARCO MICHELOTTI
Al Parco Michelotti di Torino arriva senza chiave di ingresso ed entra senza bisogno di permesso nell’area chiusa e recintata: è il selvatico

Il selvatico è così: scavalca e occupa, mette radici e si confronta con gli altri, invita tutti i regni a partecipare e crea l’humus per supportare la vita e la morte

Arriveranno molti viaggiatori sulle ali del vento, samare e disamare, semi piumosi di pappi fertili, strutture aerodinamiche capaci di avanzare senza gambe e senza braccia, spore microscopiche, uccelli migranti e stanziali
Dal selvatico mondo ipogeo le uova si schiuderanno e avanzeranno insetti atteri o alati a trasportare semi ambulanti, le radici si faranno strada e smuoveranno la terra dove i semi si poseranno ad aspettare
In una generale cooperazione dove lo scambio, la lotta e l’inganno sono armi da utilizzare, i selvatici si prenderanno l’incolto e lasceranno che gli agenti organici e inorganici danzino nel tempo

Il selvatico non è un orto: nessun umano gli detta legge, ma è lui che sceglie  quando, dove, come e, soprattutto, perché
E’ forte e sopravvive ai margini, negli ambienti più poveri, gli sterrati, le ferrovie
Non ci sono gestori della sua vita, se non il senso d’appartenenza alla vita stessa

Il selvatico è strategico e in questo fazzoletto di terra, dove si sentono arrivare voci di pulizia, di gestione, dove si programmano aule di studio di una nuova biodiversità, mette in pratica l’esatto segreto della vita con una formula tanto semplice quanto complessa, che sfugge a tutti gli occhi che puntano a quel fazzoletto per ricavarne il loro profitto
Invece, se si hanno gli occhi che guardano davvero e se davvero la biodiversità, quella vera, quella viva e spontanea, si vuole tutelarla, non c’è proprio nulla da fare se non sedersi e chiedersi, osservare e provare a capire e percepire, forse, il selvatico che ancora portiamo dentro

Non esistono classi di valore della biodiversità, a differenza di quello che i commercianti di vita lasciano intendere
Cosa vuol dire portare la biodiversità? La biodiversità esiste già! Ed è libera
L’urbanizzazione e la sovrappopolazione stanno devastando ogni angolo di selvatico
Il parco Michelotti è uno di quei luoghi che vive della “sventura” dell’abbandono, riletta in chiave spontanea: una grande opportunità di esistere.

A parte molte specie arboree inserite negli anni passati – pioppi, querce, tigli, carpini, noci, ginko biloba – e a parte molte specie che costituivano le siepi e quindi anch’esse appositamente inserite, sono centinaia le specie spontanee erbacee che abitano nel parco – per non parlare certo del numero incalcolabile di microfauna
Sono specie note alla storia, alle leggende e alle verità popolari, alcune sacre, altre meravigliosamente profane e infestanti
Nostrane ed esotiche non importa: sono tutte in gara per la propria sopravvivenza e mostrano la loro personale arte di strateghe e abili tessitrici di opportunità

Alcuni abitanti selvatici e tenaci degli incolti, capitate al parco Michelotti:

Duchesnea indica
La fragola matta ha il frutto eretto e non pendulo come le fragoline commestibili. Pianta stolonifera, per questo agile nella propagazione a terra. Lo stolone infatti è un fusto prostrato che corre sul suolo e dal quale germogliano nuove parti
Fu introdotta dall’Asia nel 800 come curiosità botanica, fuggì poco dopo dall’orto botanico per diffondersi in tutto il territorio italiano

Potentilla reptans
La cinquefoglie comune è una piccola pianta strisciante e stolonifera dal fiore giallo
Deve il suo nome alla nota potenza delle sue proprietà: potens illa in latino significa potenza in un piccolo fiore
La notte la potentilla si muove per socchiudere i suoi petali e, forse, facilitare l’autoimpollinazione. Cresce ovunque,  sulle macerie, ruderi, incolti e prati comuni

Plantago lanceolata
La lingua di cane o coda di lepre è una nota pianta commestibile e officinale
Il suo frutto rientra in quel gruppo chiamato dei “frutti deiscenti”, ovvero che senza aiuto alcuno si occupano della propagazione dei loro semi aprendosi improvvisamente

Artemisia vulgaris
Artemisia deve il suo nome – artes ovvero sano in greco – al fatto che ha proprietà medicamentose
Dall’artemisia si ricava la moxa, una pratica antica della medicina giapponese, simile per obbiettivi all’agopuntura

Parietaria officinalis
L’erba vetriola o erba muraiola è la regina delle piante spontanee che riescono a nascere in condizioni estreme come a ridosso dei muri – da cui il nome
E’ una nota pianta commestibile e medicamentosa

Clematis vitalba
L’erba dei cenciosi è un’infestante che si disperde tramite il vento con ciuffi piumosi di semi
Nota nei Fiori di Bach anche se velenosa: spesso le piante velenose sono usate in medicina

Chelidonium majus
La Celidonia ha frutti secchi deiscenti molto evidenti
Produce un siero caustico giallo che viene usato dalle rondini per aprire gli occhi dei loro piccoli, per questo il loro nome: Chelidon vuol dire rondine

Stachys sylvatica
La stregona dei boschi, vive appunto nei boschi di latifoglie, ma deve aver trovato un luogo adatto anche qui, in una zona circoscritta. Appartiene alla famiglia delle Labiate, dove i fiori sono specializzati nell’interessare insetti specifici per l’impollinazione offendo loro molto polline. Il frutto viene trasportato dalle formiche invitate anch’esse da un’appendice oleosa

Lamium purpurea
Il Lamio o falsa ortica deve il suo nome al fatto che mentre avviene l’impollinazione sembra che il fiore inghiotta l’insetto che si inserisce in fondo – dal greco laimos: gola
La corolla è composta da due parti: la parte superiore che come un casco protegge l’interno del fiore e una inferiore che invece funge da pista da atterraggio per l’impollinatore
Nota nella medicina popolare

Budleja davidii
L’albero delle farfalle dalle pendule infiorescenze lilla, richiama farfalle per lunghi periodi di fioritura
Il fiore è allungato e per questo specializzato nell’inserimento dell’apparato boccale delle farfalle: la spiritromba
Introdotta dalla Cina per scopi ornamentale è poi fuggita dai giardini per guadagnarsi luoghi incolti, scarpate, rive di fiumi

Phytolacca
Pianta nota agli indiani d’America per il potere tintorio dei suoi frutti
Pianta tossica ma al tempo stesso usata in omeopatia
Invita gli uccelli richiamandoli con il colore invogliante dei suoi frutti, i cui semi disperdono dopo averli mangiati

Geranium robertianum
La cicuta rossa ha un frutto allungato che ricorda il becco di una gru, a cui deve il nome del genere
Pianta ricca di oli essenziali nota nella fitoterapia

Arctium lappa

La bardana è una nota pianta officinale con proprietà specifiche per la pelle
La dispersione dei semi è affidata agli animali al cui pelo i frutti si attaccano essendo composti da piccoli uncini (arctium: arto)

Geum urbanum

L’erba benedettina veniva portata come amuleto in passato perché considerata utile contro i demoni (cioè i malanni)
La radice ha un buon profumo di cannella (geum: profumo)

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Dentro il Michelotti,  pieno di vita

ROSSO
ROSA – 2
ROSA
MARRONE
GIALLO
BIANCO – 3
BIANCO – 2
BIANCO
VERDISSIMO
VIOLA
VERDE
ROSSO – 2

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Domus Spongiosa
Tratto da “Sento dunque sogno”. Ortica editrice. 2016. Massimo Filippi.

GOLD – UNDER THE SAME SKY marcoferra
GOLD – UNDER THE SAME SKY marcoferra

Siamo abituati a pensare agli animali e ai loro ambienti come se fossero entità separate, come se ci fosse un album con degli sfondi colorati – foreste tropicali, savane infuocate, coste rocciose, fondali marini, vette innevate, ghiacciai scoscesi, praterie sconfinate – su cui incollare le figurine che descrivono l’esemplare medio delle varie specie.
In realtà, gli animali e i loro mondi d’intorno non sono separati, ma intrecciati, comunicanti, confusi.

Coi loro corpi/onde gli animali attraversano l’intorno e lo tracciano, lo irradiano, lo marcano. E contemporaneamente l’intorno traccia, segna, inscrive i loro corpi.
Un topo corre lungo una parete e la trasforma in prolungamento del suo sensorio per ritrovare la strada di casa. E la parete tatua il corpo del topo, inscrive nella sua memoria e nei suoi muscoli una mappa geografica.
E lo stesso quando un cane urina, un cervo o un elefante disegnano il tronco di un albero di intricati labirinti, un gabbiano o una sterna sfiorano una parete di roccia o una stella marina un corallo. Quando una vespa si accoppia con un’orchidea per creare un ibrido che gode senza dover produrre o riprodursi.
Anche nelle tane gli animali non interrompono il flusso tra loro e l’intorno.
Come sostiene Serres, l’architettura della tana è costituita da un sistema di strati: uno esterno, duro, per scoraggiare gli invasori, uno interno che, dolce, protegge e si fa il letto, talamo, culla, tomba. In mezzo, lo strato poroso fatto di “fori, passaggi, porte”, che contamina il dentro con il fuori e il fuori con il dentro.
Solo noi abbiamo reciso questo esile strato intermedio, ci siamo messi fuori dal vivente per rinchiuderci in un dentro che, a nostra immagine e somiglianza, ci raffiguriamo immacolato e puro. Solo noi costruiamo recinti, gabbie, fortezze, case e castelli a tenuta stagna. Proprietà private, ottusamente proprie e violentemente mutilate. Solo noi viviamo nel perenne autunno di una giornata piovosa. Gli altri animali invece fanno segni e si lasciano insegnare in qualunque stagione. Sanno, come scrisse Bataille, che “la vita non è mai situata in un punto particolare: passa rapidamente da un punto all’altro (o da molteplici punti ad altri punti), come la corrente o una sorta di flusso elettrico”. Come un’onda, come acqua che esonda.

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Il Parco Michelotti: cosa sono quelle luci sospese nell’aria?

PMichelotti

Lungo il Po, all’altezza del Ponte Regina Margherita a Torino, le notti di tarda primavera sono illuminate da minuscole luci intermittenti. Poco lontano dai colori del centro, nel buio dell’erba del parco Michelotti, le lucine compaiono e scompaiono rapidamente. “Cosa sono quelle lampadine sospese nell’aria?”. Non si tratta
di luci artificiali, bensì naturali. Sono lucciole. Sarebbe opportuno chiedersi: “come sono sopravvissute le lucciole in una città industrializzata?”. Effettivamente questi bagliori di vita hanno nel loro manifestarsi qualcosa di incredibile, sia per il luogo in cui si trovano, che per la loro natura.

Le lucciole sono sensibili sia direttamente che indirettamente al trattamento chimico in agricoltura; infatti i pesticidi, oltre a provocarne la morte, provocano anche la morte del loro principale alimento, le lumache.

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Breve analisi faunistica metropolitana e piccoli miracoli

Processione 2013 - ericailcane
Processione 2013 – ericailcane

Il fenomeno di urbanizzazione delle aree antropizzate ha da sempre facilitato e condizionato lo spostamento e l’inserimento di specie animali, siano esse domestiche che sinantrope. Gli animali sinantropi sono animali che, pur non rientrando tra le specie domestiche, vivono a stretto contatto o in rapporto con la popolazione umana. Molto spesso le aree antropizzate presentano una elevata biodiversità e la creazione di diverse nicchie ecologiche in un ambito territoriale limitato (zone di verde urbano artificiali, spontanee, discariche dei rifiuti, tetti delle case, etc.) favorisce l’insediamento di numerose specie animali selvatiche.

Nonostante l‘ecosistema urbano (così detto in quanto ricalca le caratteristiche con cui gli ecosistemi vengono definiti) abbia la tendenza ad essere privo di specie animali diverse da quella umana, sono numerosi gli animali che lo sfruttano per periodi di breve/media o anche lunga durata.

La propensione all’assenza di specie animali è determinata da una parte dalla tipologia di ambienti che vengono
privilegiati (allontanamento indiretto) e dall’altra dall’idea che altri organismi viventi possano comportare problemi di varia natura (allontanamento diretto).
Fanno eccezione gli animali “da compagnia” e gli animali “utili”. Nel primo caso gli animali vengono gestiti privatamente in spazi circoscritti, nel secondo caso sono ammessi affinché portino qualcosa in tasca o nello stomaco.
E gli animali liberi?
Negli ultimi decenni in diverse città sono state avanzate ipotesi per realizzare strutture che facilitino la sopravvivenza di animali liberi.
Non bisogna fare confusione tra le innovazioni che mirano a rendere le città più vivibili per gli esseri umani (es. colorare di verde alcune parti, costruire giardini attrezzati per lo sport e lo svago) e quelle pensate e proposte con il fine di permettere o migliorare la vita ad altre specie (es. realizzazione di corridoi biologici).
Gli animali che sfuggono alla tendenza degli ecosistemi urbani, sono diversi.
Una prima DSCF0591suddivisione può essere fatta tra quelli che hanno modo di spostarsi facilmente e quelli per i quali la città rappresenta una trappola. I primi sono gli animali alati come gli uccelli e gli insetti, e i secondi quelli non alati, che trovandosi all’interno dell’oasi urbana difficilmente riescono a tornare nei loro spazi
naturali. Un esempio di questi animali sono le volpi, i ricci, gli istrici. Anche le strade che collegano l’una a l’altra città rappresentano delle trappole mortali.
I cani e i gatti, soprattutto i primi, sono raramente tollerati come animali liberi/vaganti, ne è prova la legislatura vigente ma soprattutto la realtà dei fatti.
I gatti sono spesso più fortunati potendo contare sulle colonie feline e soprattutto sul diffuso amore nei loro confronti.
Un’altra categoria di animali, la cui natura facilita la sopravvivenza metropolitana è rappresentata da quelli che occupano gli spazi del sottosuolo, tra cui molti invertebrati.
Le tartarughe rientrano nella tipologia di animali introdotti volutamente nell’ambiente. Con tutte le conseguenze che ne seguono. Le tartarughe, sovente abbandonate in piccoli laghetti cittadini, sono estremamente voraci e mettono a repentaglio il precario equilibrio che in questi luoghi si viene a creare, cibandosi di tutto ciò che trovano in sospensione e sulla riva (comprese quindi uova e microrganismi).
Anche alcuni animali esotici o “da compagnia” possono rientrare in questa categoria; sono le innumerevoli vittime dell’abbandono che, a differenza delle tartarughe, vengono lasciate in luoghi non idonei alla loro sopravvivenza o comunque non in grado di assicurare loro riparo/cibo/cure.
L’inquinamento, nelle sue diverse forme, ovviamente aggrava ogni forma di sopravvivenza in ognuno degli spazi vivibili all’interno del sistema-città.
Un’altra fetta abbondante è rappresentata da quelle creature che si sono adattate in maniera invidiabile all’ambiente urbano sfruttandone le caratteristiche peculiari, spesso proprio quelle che lo rendono
invivibile agli umani (microclima/storni, fognature/ratti, discariche/gabbiani).

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In molti parchi urbanigermano sul Po ritagliato gli animali selvatici si riposano dalla fatica di scappare o nascondersi. Sono piccole oasi di pace e Natura incastonate nella rete metropolitana.

Il Parco Michelotti oggi, è una di queste piccole oasi. La Natura ha camminato senza intoppi al suo interno, ricoprendo le strutture abbandonate e dando alloggio a uccelli migratori e stanziali. I piccoli animali invertebrati hanno potuto essere, senza rischi di morire schiacciati o avvelenati volontariamente perché fastidiosi, o semplicemente non di gradimento. Anche altri organismi hanno portato avanti i loro progetti di vita, ad esempio le specie fungine, amanti dell’umidità generata dagli strati di foglie che nessuno ha raccolto.
La vicinanza con il fiume Po, con l’acqua, rende questo parco più vivo ancora, essendo le sue sponde luogo di nidificazione e fonte di cibo per alcuni abitanti dell’avifauna.
Il parco Michelotti è chiaramente una di quelle piccole oasi di cui si parlava e all’interno del quale si compie uno strano miracolo: le gabbie tacciono e la memoria racconta.